Infanzia di J.M Coetzee
di Francesca Mazzucato
da http://scritture.blog.kataweb.it/francescamazzucato/2006/07/infanzia_di_jm_.html

E' la "lingua salvata" di Coetzee questo libro del 1997, edito in Italia nel 2001 da Einaudi con traduzione di Franca Cavagnoli. Sottotitolo: scene di vita di provincia. Non si smentisce il grande autore sudafricano premio Nobel per la letteratura nel 2003. Siamo in un desolato e claustrofobico centro residenziale di una cittadina a pochi chilometri da Città del Capo. L'autore è l'io narrante, che si chiama Coetzee, che ha dieci anni e che analizza, sperimenta, riflette impietosamente sulla vita, sui rapporti famigliari, sull'esistenza che trova imbarazzante, indecorosa e fallimentare del padre, sulla madre, nucleo dominante del suo universo affettivo, la "cosa più salda della sua vita" da cui è conscio di dover prima o poi fuggire. L'autore prende le distanze dall'io narrante. Lo è senza esserlo. attraverso una scrittura quasi giornalistica, apparentemente distaccata, impietosa, capace di svelare mistificazioni e ipocrisie, stati d'animo e pensieri imbarazzanti, con asciuttezza, lucidità e una certa dose di coraggio c quasi temerario. Che lo porta ad arrivare proprio dentro. Nel nucleo molle dei semitmenti, nel nucleo molle e difficile da definire delle prime pulsioni sessuali, nel rapporto con le origini "afrikaner" e con l'ambizione a essere completamente inglese, nel rapporto con gli ampi spazi dell'Africa degli anni cinquanta, con la terra, simboleggiata dalla "fattoria" di famiglia:" La parola segreta e sacra che lo lega alla fattoria è parte. Fuori, nel veld da solo può pronunciarla forte- Io faccio parte della fattoria- Quel che crede veramente ma non osa dire, quel che tiene per sé, nel timore che l'incantesimo possa svanire, è un uso diverso di quella parola: io sono parte della fattoria. Non lo confida a nessuno perché quell'espressione molto spesso viene equivocata, intesa come "io appartengo alla fattoria" e dunque molto spesso trasformata nel suo contrario "" la fattoria appartiene a me". La fattoria non gli apparterrà mai, lui non sarà mai nient'altro che un visitatore: lo sa e lo accetta...La fattoria è più grande di ciascuno di loro. La fattoria esiste di eternità in eternità. Quando saranno tutti morti, quando persino la fattoria sarà diroccata come i kraals lungo il pendio della collina, la fattoria sarà ancora lì." Terra, animali, rapporti con gli amici. Il mondo, l'apartheid, tutte cose forti, potenti, raccontate come se si trattasse di una radiografia, o, a tratti, di un'autopsia. Su tutto sono fondamentali le parole. Le parole inglesi, i titoli dei giornali, le canzoni, l'inno e poi le parole in afrikaans. Difficile trovare un equilibrio. Lo dice. Ce lo dice:" Pensa alle canzoni in afrikaans che debbono cantare a scuola. E' giunto a odiarle al punto che, mentre cantano, vorrebbe urlare e strepitare e fare peti.." Duro, viscerale. Capace di scarnificare e di prendere una distanza solo apparente con questa terza persona inserita al tempo presente. Che è lui senza esserlo. Che è lui qualche volta. Sono i temi e gli elementi fondamentali in tutta la sua produzione seguente. Sono temi universali , lo sa ,quindi può non essere lui. Ma la tessitura di questo splendido libro, di cui capisci la vastità mentre lo leggi, mentre ti entra dentro attraverso un lavoro di scrittura acuminata e penetrante, la tessitura è data tutta dalle parole. E dai libri di zia Annie, quei libri del bisnonno che, anche se non letti da nessuno, anche se incomprensibili, fatti stampare in tipografia e non da un editore, venduti porta a porta dalla zia, significano "essersi lasciati dietro qualcosa" Quando la zia muore, sola, abbandonata, rimossa dalla famiglia, lui vede quell'ipocrisia, ne prende nota e pensa a quei libri. E si domanda:" Come farà a tenere tutto in testa, tutti i libri, tutte le persone, tutte le storie? E se non si cura lui di ricordare, chi lo farà? " Così lascia una commozione. Una spazialità che ha costeggiato ognuno dei capitoli, ogni dettaglio. Spazialità esterna, segnata dai panorami e dalle contraddizioni del suo paese, e spazialità interna, costituita, intrisa dalle parole, dalle loro sfumature, da quelle odiose a quelle attraenti, o morbose, o importanti. O vergognose. Parole che salva o che butta, che tiene dentro, che dovrà tirare fuori. Per salvare le storie. Perché non muoiano con le persone. Per farle diventare come la fattoria.

Su questo libro (tra gli altri link):
http://www.stradanove.net/news/testi/libri-01b/lagse0711010.html
http://www.vialattea.net/odifreddi/coetzee/coetzee.html